POVERTA’. AZZERA IL DEBITO! LO SCANDALO DELL’INDEBITAMENTO DEI PAESI POVERI

Editoriale di Giovanni De Luca 

Il nostro punto di vista non cambia con il tempo, non si adegua all’opinione pubblica e non si lascia trasportare dall’onda dell’emotività mediatica. La nostra era  – e rimane –  anche una scelta anticonformista.

La sfida del futuro è fra Nord e Sud del mondo, fra finanza internazionale e popoli.  Fra ricchi che diventano sempre più ricchi (pochi) e poveri che diventano sempre più poveri (molti). Il Sud spinge. Il Sud è  composto da molti. Il Sud siamo anche noi.

Ormai è chiaro ed è visibile ai più – coloro i quali oggi ne fanno una bandiera di lotta politica – che le nostre ragioni sono nell’evidenza dei fatti. Così mentre gli altri fanno delle nostre bandiere – e delle nostre battaglie – quotidiani trionfi elettorali e di successo, noi continuiamo con le nostre analisi, con i nostri studi e con la nostra capacità di elaborare “buona politica”. Di qualità. Se pur rammarica l’incapacità di “cavalcare” l’onda o la tigre di evoliana memoria.

Scriviamo del debito dei paesi poveri perché è fondamentale. Il debito internazionale è la nuova forma di schiavitù, una delle armi più potenti in possesso del nostro nemico poiché, attraverso i flussi finanziari c’è  – ed è percepibile –  la gabbia della nuova dittatura. Un confine molto sottile e fatto di astuzie di “interessi” altissimi alla base del calcolo del denaro prestato, quel “signoraggio” internazionale degli usurai di professione che sottrae energie e forze agli stati indebitati e di conseguenza impedisce gli investimenti per il loro sviluppo.

Ai fattori storici, dei quali abbiamo ampiamente scritto in questi anni sulle nostre riviste, fattori di tipo economico ma non solo, se ne sommano anche altri.

Terza Via  ci permetterà di fare “sintesi”,  di affrontare il discorso in maniera più organica, dando voce alle nostre tesi e catalogandole in una apposita sezione, una finestra che si apre sul mediterraneo e che guarda verso altre sponde “a sud dal nostro sud”. “A sud dal nostro sud” diventa, dunque, una rubrica con l’ambizione di ospitare interventi, analisi, reportage, inchieste su tutto quello che avviene in Africa e nel medio oriente.

Una domanda ci poniamo, D’obbligo, strategiac affinché non si pensi che siamo degli sprovveduti. E’ la seguente: conviene porre ora, in questo particolare momento storico, la questione mentre “funziona” –    e pone molti sulla cresta dell’onda non solo mediatica – lo slogan “prima gli italiani”?

La risposta è: Sì!

E’ un nostro dovere politico e morale mi sia consentito di scrivere “valoriale”,  perché è nel nostro DNA di nazionalpopolari, di “rautiani”  (nessuno se ne doglia), che guardano agli ultimi in termini di equità sociale e culturale.

E’ un nostro punto di forza che ci caratterizza e ci rende longevi. Perché si può anche fare la politica mediatica e del momento, ma poi si finisce presto negli archivi, superati e spazzati via da un’altra notizia del momento.  Non si assurge, cari lettori,  ad un ruolo di guida di “prospettiva”; per usare un termine a noi caro.

eccola dunque l’ulteriore domanda: perché? Perché mentre il mondo (e l’Italia), l’occidente, blinda i suoi confini ed avvia politiche “nazionaliste”,  di difesa delle proprie identità e della propria politica interna, noi guardiamo “oltre”?

Ne ha scritto Nazzareno Mollicone recentemente nel suo “L’aquila e la Fiamma”, precisamente nelle pagine che vanno da pag. 70 a pag. 80.  Scrive,  il caro Nazzareno, del ruolo strategico nella politica internazionale dell’analisi di Pino Rauti,  delle sue inchieste sul mensile “Noi Europa” pubblicate nel 1966 tramite l’agenzia stampa “Corrispondenza Europea”, ed in particolare si cita il Congo (territorio giudicato strategico per le sue ricchezze minerarie e manifestatamente non in grado di autogestirsi) denunciando in modo documentato le ingerenze sovietiche e quelle delle multinazionali americane di allora.  Ancora Mollicone,  richiama lo snodo epocale e la lucida analisi di Rauti contenuta ne “Le Idee che mossero il Mondo” a pag. 486/487 per metterne in risalto il ruolo civilizzatore dell’italia (e dell’Europa) fondamentale per capire la matrice di quella che poi si sarebbe profilata come la grave problematica dell’immigrazione di questi giorni.

“Il danno – scrive Mollicone a pag. 80 del suo lavoro – sarà poi per la stessa Africa, abbandonata ad un nuovo sfruttamento da parte di potenze extraeuropee quali gli Usa e la Cina; al sottosviluppo; alla discriminazione ed alle lotte tribali spinte fino al genocidio; all’integralismo religioso di tipo islamico ed anticristiano; alla fuga verso le coste europee, ed italiane in particolare, di profughi per motivi politici ed economici“.

Basandoci su quest’ordine di ragionamenti, sui quali “l’Associazione di Promozione Sociale Prospettive Future” sta strutturando una sua azione politica, vanno fatti i seminari per poter poi spaziare – in chiave metapolitica, ricongiungendo la nostra azione nel presente e sui fatti di esclusiva attualità indicando la “ricetta risolutiva al Governo ed al Ministro degli Interni Salvini”, del dramma che è sotto i nostri occhi.

Fino a continuare con la nostra battaglia per l’azzeramento del debito dei paesi poveri fra i quali – non appaia azzardato – inseriamo anche l’Italia per l’enorme debito pubblico per i processi di crisi posti in essere nell’ultimo decennio che ci stanno riducendo ad ex potenza mondiale.

Bisogna combattere lo spreco di denaro pubblico (ed in particolare quello che continuamente si riceve per potenziare l’industria bellica) già alla sua emissione. Qui entra in gioco l’alleanza diabolica fra la grande industria ed il sistema bancario internazionale.  E noi.  I paesi del quarto mondo, noi del terzo, potremmo dimostrare se vi fosse veramente un cambio di rotta nelle politiche mondialiste,  liberal capitaliste e turbo capitaliste che ricalcolando le cifre del debito e quelle pagate, utilizzando una unità di misura che non sia quella delle banche centrali o del Fondo Monetario Internazionale, che si otterrebbe già per molti dei paesi debitori, l’azzeramento di tutto l’ammontare dovuto.

Cosa è il debito dei paesi poveri dunque? Una colossale truffa!

Le catene del nuovo millennio che non si stringono più né al collo, né ai polsi, né alle caviglie dei popoli sfruttati, ma alle loro vite ed alle loro sorti in maniera invisibile ma non meno efficace.

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